«Il tentativo è quello di evitare che mentre si costruisce l'alta velocità italiana, i vettori arrivino da tecnologie e industrie esclusivamente straniere. Che insomma vada disperso un know how su un settore in cui il nostro paese ha detto molto e ha ancora da dire».
Giorgio Diana, vicepresidente della Fondazione Politecnico di Milano, spiega così la mission del Jrc Trasporti, il Joint research center appena avviato dall'ateneo lombardo. A finanziare i 40 ricercatori in pianta organica, è un team di imprese tra cui figurano Trenitalia, Ansaldo Breda, Sirti, ma anche Bombardier Transportation, Balfour Beatly Rail e Msa.
La dotazione è di 800mila euro annui. «Il Jrc ha come prima frontiera quella di costruire un treno di ultima generazione sul piano della sicurezza» spiega Diana, che al Politecnico dirige il dipartimento di meccanica.
L'innovazione tecnica consiste in una sospensione secondaria attiva che aumenta performance e adattabilità ai tracciati. Ma anche un sistema di autodiagnostica più sofisticato, che permetta di prevenire con largo anticipo il malfunzionamento di parti essenziali come il pantografo, la struttura che collega il treno alla rete elettrica sovrastante.
Sul piano della governance, il Jrc si ispira a centri varati in altri paesi, come Inghilterra e Svezia, con personale a doppia posizione lavorativa tra impresa e università e senza sostegni pubblici.
«Proseguire a fare ricerca nel settore dell'alta velocità – continua Diana – significa dare una chance di competitività alla nostra industria nazionale. Le imprese che oggi sono nel board del Jrc lo hanno capito. E hanno un ruolo centrale: la direzione strategica di quel che avviene nei nostri laboratori è concertata in modo continuo».